Un fine settimana fra il lago di Como e il Canton Ticino, non pianificato; era infatti stata un’anziana partecipante a fare richiesta interna di un’assistente. Guarda caso io mi ero presentata al FAI di Torino per fare volontariato, e perciò hanno incaricato me.
Partenza assai mattiniera, e un po’ le naturali preoccupazioni, un po’ il valore della novità hanno fatto sì che non dormissi affatto. Ma il carattere inusuale dell’esperienza val sempre un po’ di sacrificio.
Con una distribuzione molto gradita di pasticcini è così cominciata la compagnia delle successive 48 ore, con gli stessi obiettivi di visita, tavoli vicini a pranzo e cena, e ampie possibilità di scambiarsi impressioni.
Belli i luoghi che ci hanno gentilmente aperto le porte. Non avevo mai visitato una villa privata, né passeggiato in un tranquillo parco con spettacolo di pioggia di foglie colorate, complice un fresco venticello.
Una villa privata non è come un pubblico museo. Chi ti fa da guida è il proprietario in persona. Chi ti offre da bere è un cameriere interno. Un pranzo è servito da cuoco e camerieri. Una fiaba d’Italia.
Sulla via dell’hotel, ho ammirato l’abile districarsi dell’autista nel groviglio delle vie assolutamente strette di Como, che vista da qui non sembra bella, ma sfoggia un monumentale duomo e soprattutto il suo massimo gioiello: il lago.

Mi è rimasto nel cuore, anche perché mi ricorda i romanzi di Manzoni e Fogazzaro, e difatti poi ci sono tornata.
La giornata si è conclusa con la cena in albergo, molto bello l’ambiente non lussuoso ma raffinato, fra luci soffuse e personale affabile.

Ritiratami in stanza, è stata l’ora di Blu Notte, sapete quel programma condotto in modo tutto particolare da Carlo Lucarelli sui delitti rimasti ancora un mistero? Poi a nanna. Ma al pensiero dei doveri dell’indomani di nuovo non ho dormito granché…
In ogni caso ce l’ho fatta. Magari però la colazione la prossima volta me la porto io da casa. Il caffè americano, più acqua che caffè, mi rimane sullo stomaco…

Un giardino e il tempo splendente ci hanno regalato un’altra splendida vista del lago. Poi ancora più su, sulle montagne, passando il confine in direzione di Mendrisio, nel Canton Ticino.
Nella casa-museo di Vincenzo Vela, dove albergano gigantesche sculture in gesso, ti descrivono tutto in perfetto italiano, ma poi ti dicono che è la nostra storia, e così ti ricordi che sei all’estero.
Veramente te lo ricorda anche il telefono, che capta che sei finito su un altro pianeta, e prontamente ti manda messaggio con le indicazioni su come e a che nuove condizioni tariffarie poter telefonare.
Memorabile il succulento pranzo al Grotto Bundi, una sorta di cantina fra le Alpi che offre mangiare casereccio condito con simpatia di prim’ordine.
Ma il dessert della giornata è stato il giro nella Pinacoteca Züst, dove siamo stati accompagnati lungo una bellissima mostra su donna e moda di due secoli fa. Un vero dulcis in fundo.


Ecco che cosa si fa nel FAI. Nessun viaggio è mai perfetto, ma quello che è importante sono le emozioni che il tutto è capace di trasmettere, generando memoria per la vita.
Ed è ancora più bello accompagnare una persona anziana che non rinuncia a regalarsi momenti così, e che chiede solo un po’ di pazienza e considerazione dei propri limiti.
Per quanto mi riguarda, mi diletto ad immaginare di andare oltre le linee, con qualche “follia” dalla Valsolda verso Lugano, una cena che da Trieste mi porti a Lubiana, e un giro del Lago Maggiore fino a Locarno con ritorno in Italia sul versante opposto…
Ma devo sempre tornare; tante, troppe sono le meraviglie a me ancora sconosciute, e fra queste c’è una lunga lista di beni che la fondazione tutela .