Mi preparo a salire lo scalone centrale, mi chiedono se voglio la guida ma oggi voglio andar con calma, e dico di no. In un corridoio spicca la targa del riconoscimento da parte del Senato, a Franco Zeffirelli, genio ed eccellenza italiana nel mondo, per aver saputo creare le atmosfere, lo spirito, le emozioni, nel rappresentare l’idea autentica della bellezza e la magia dell’arte in tutte le sue espressioni, e contribuendo a diffondere il genio e l’eccellenza nostri nel mondo (così più o meno recita la dedica).
Vissi d’arte è invece il miglior ricordo di sé, una frase molto semplice incisa sulla sua lapide al cimitero delle Porte Sante.
Zeffirelli compare nelle prime foto giovane insieme a tanti colleghi dell’epoca, accomunati dal seguire un certo filone espressivo che ho molto apprezzato e pertanto me li ha impressi in memoria. Sembrano tutti un po’ signori di età avanzata mentre lui spicca perché era proprio un bell’uomo. In una sorride dietro ad Eduardo; che differenza, eppure erano insieme a lavorare, non in posa ricordo.

Pochi passi più avanti compare il modellino dell’Euridice al Giardino di Boboli, datato 1960. Di fronte, locandine di film famosi, e una finestra aperta sul cortile interno del palazzo, che non è solo museo ma sede della Fondazione intitolata al grande maestro e dedicata al progetto di Centro Internazionale per le Arti dello Spettacolo.
Non sapevo però, e proprio qui lo apprendo, che Zeffirelli è stato soprattutto un regista d’opera; io avevo sentito il suo nome per la prima volta al cinema. Sento che sto per fare un tuffo di ritorno al grande mondo operistico, da quanto non mi siedo a vederne una, ultimamente sono stata molto presa da diverse problematiche…
Il museo è un’occasione per ricostruire i passi salienti della vita di Zeffirelli, a cominciare dagli studi di architettura che poi interrompe. Questo si aggancia un po’ con la mia storia, anch’io a un certo punto ho detto basta, avevo capito che preferivo vivere. Ormai non è più una scelta strana, ma leggere che l’ha fatta qualcuno che è arrivato a una qualità artistica così alta, è di certo un incoraggiamento.

Lasci una via per un’altra che senti più tua, per cui ogni dettaglio è finalmente l’inizio di opportunità inaspettate. Io ormai ho preso un giro di vita culturale tale per cui basta una semplice conferenza per farmi entrare in un palazzo riccamente affrescato, mentre nel caso suo, l’occasione si è presentata in ambito di prove di spettacolo, dove incontra Luchino Visconti con cui inizia una collaborazione artistica molto preziosa.
Si sa che da cosa nascono tante altre cose, piccoli dettagli di momenti iniziali su cui mi soffermo sempre volentieri.
Il padre era commerciante di stoffe, e chi traduceva per lui le lettere commerciali con l’Inghilterra era una signorina inglese di una certa età, che come tante altre sue conterranee aveva scelto di abitare in Toscana perché innamorata del luogo. Il padre aveva voluto che Franco prendesse lezioni di lingua, occasione per il piccolo di crescere oltre il provincialismo, e fare conoscenze significative, prima fra tutti quella di Shakespeare.
Anni dopo, in tutt’altro scenario di vita, viene a sapere che manca un’attrice, la trova, e comincia anche lui a recitare. Solo una particina, ma che si rivela un’esperienza utilissima per dirigere poi gli attori e cantanti di spessore con cui si troverà a lavorare.
Ogni tanto ci penso per me di fare un corso di teatro, per raffinarmi nel piccolo contesto della regia dei miei progetti ancora in erba, che non prevedono allestimenti ma una raffinatezza d’impegno ed empatia che poco ci manca, e meno male che chi ci ha preceduto ha lasciato tesori a cui attingere.


Il secondo grande incontro per Zeffirelli avviene con Maria Callas, tanto che dopo la morte di lei, lui ne vorrà raccontare la loro amicizia in una trama immaginata per Callas Forever. Quando lei ormai si esibisce solo in concerti, lui la convince a tornare in teatro con la Tosca, e realizza persino una Norma con un allestimento pensato apposta per lei.
Perché Zeffirelli è stato grande in molte e diverse arti, lui stesso infatti disegna il costume di Maria per il Turco in Italia. Chiamato a sostituire Eduardo, in soli dodici giorni mette su uno spettacolo con scene dipinte su iuta, un tipo di stoffa dai particolari effetti trasparenti.
Concepisce l’Amleto con una scenografia che aiuti il pubblico a vedere se stesso riflesso come in uno specchio, specialmente i giovani, che dopo la scomparsa del padre devono affacciarsi alla vita trovando un modello. Doveva andare in scena a Los Angeles, ma non verrà mai realizzato.
Viene anche chiamato all’Old Vic, prestigioso teatro londinese, per mettere in scena Romeo e Giulietta, avevano scelto lui per respirare “profumo d’Italia”. Sarà un successo, seguito anche da Molto Rumore per Nulla, per cui chiamerà Nino Rota a comporre la musica.
Posso solo immaginare un gruppo di persone, nomi grandi, professionisti, così ben combinati da portare un’idea alla realizzazione, e farne pure un successo memorabile…
Mette in scena inoltre Pirandello per i londinesi, e anche Arthur Miller, costruendo una scenografia tale da far comprendere l’ingabbiamento psicologico dei personaggi; e poi riporta in teatro anche Anna Magnani.

Ma torniamo alla grande protagonista delle sale visitabili: l’opera. Almeno una ventina con bozze, costumi, modellini, persino l’ufficio ricostruito.
L’opera per Zeffirelli è passione, la vive prima come spettatore, in seguito la definirà un’arte che le contiene tutte. Sono d’accordo; devo alla mia cara mamma se sono riuscita ad avvicinarmi ad essa fino a sentirmi partecipe della potenza emozionale che sprigiona.
Don Carlo è specchio del potere che sovrasta l’uomo e lo condiziona.
Otello è un dramma privato, in un ambiente dove l’esercito è concepito come una grande gabbia.
E ancora La Traviata, la mia preferita del mio numero uno Giuseppe Verdi. Per Zeffirelli è concentrata tutta nelle prime note del preludio, per questo concepisce (e mantiene) una scenografia che mostri al pubblico un Violetta su due piani, in cui lei ormai morente rivive il ricordo.
Per Aida si era arrivati a pensare ad uno spettacolo sotto la Piramide di Cheope, e doveva essere un messaggio di pace per l’unione di Zeffirelli (cattolico), Bernstein (israeliano) e Sadat (musulmano); purtroppo quest’ultimo subì poco prima l’attentato che gli costò la vita.
Zeffirelli non era semplicemente un regista, viveva invece in prima persona tutte le fasi del progetto, attento a documentarsi, per poter realizzare un risultato che restasse nella memoria, che rimanesse vivo oltre i limiti del tempo.

Zeffirelli era di argomenti forti (opera, drammi complessi, Gesù)… forse anche perché nato in Toscana, l’arte qui è essa stessa un concentrato di complessità espresse al livello più alto. Difficile da definire, ma certamente non sono le forme della vita semplice. Anch’io ho cambiato Torino per Firenze, e se un giorno partirò di nuovo, sarà un salto notevole di cui mi rimarrà memoria per il resto della vita.


La visita si conclude nella sala Inferno. Qui sono raccolte le bozze di preparazione per un allestimento della Divina Commedia, che purtroppo però non fu mai realizzato. È un po’ fuori dai contesti precedenti, ma a pensarci bene non stona. Del resto Dante continua ad essere insostituibile, presente anche nella vita di Michelangelo. Nel 2019 si è “imposto” anche con me, e sospetto che non finirà col 2021…
Comincio ad accusare stanchezza, mi siedo a guardare il video che proietta le bozze fin sul soffitto e sulle pareti. Poi mi alzo e vado a vederle una per una. Tra musica e disegni, avverto qualcosa che si distacca dal mondo di prima, e difatti non è opera, ma uno scenario più difficile.
Solo bozze, ma bastano ad aggiungere di Zeffirelli la maturità di spirito e persona. Fino all’ultimo aveva ancora progetti e nessun rimpianto per una vita che lui vedeva piena. Una sua frase tuttavia mi ha molto commosso:
“Quello che davvero mi manca è il contatto spirituale con le persone. Il pensare insieme, il creare insieme arte”.
(da un’intervista ad Avvenire)
Era da tempo che volevo vederlo, e oggi sono convinta che sia uno fra i musei del capoluogo toscano che non si deve perdere.
Anche la sede è un palazzo storico, il Complesso di San Firenze, un ex convento che poi divenne tribunale.
