Alla casa-museo Enzo Ferrari di Modena si arriva da una via laterale svoltando a sinistra appena uscita dalla stazione.
È la meta della mia gita di oggi, giorno di maggio già mini-afoso in cui ha inizio il Motor Valley, l’annuale manifestazione che celebra l’Emilia-Romagna come Terra dei Motori e della passione per le corse di auto e moto, al punto che il settore ha dato origine a un compatto polo industriale.
Galoppo dalle 7, eppure son sveglissima (e sempre in giuggiole a ogni puntata in questa fantastica regione famosa non solo per il buon cibo…).
Quando arrivo a destinazione sono però già le 11, e prima di partire in quarta sarà opportuno rifocillarmi di una saporita focaccia, per cui mi apparto nella piazzetta antistante il Tempio Monumentale dei Caduti.
Qui noto che c’è anche una roccia carsica dono delle associazioni partigiane della Venezia Giulia, e il pensiero vola per un momento a Trieste, che da un po’ di tempo, ovunque vada, mi compare sempre davanti… come a voler confermare che l’idea di tornarci e rimanere alla fine si rivelerà una saggia decisione.

Il museo è adiacente alla casa dove Enzo Ferrari visse l’infanzia
e che poi vendette per comprare la sua prima vettura da corsa.
Sulle pareti poche frasi dei ricordi di tanti giochi inventati da bambino sul ghiaccio o intorno alla passione del piccolo per l’atletica.
Con Enzo c’era anche un fratello, che portava lo stesso nome del padre.
Nell’enorme piazzale circolano un paio di guardiani e si sente parlare straniero; in alto troneggia l’insegna di quella che era l’officina meccanica di Alfredo padre, che lavorava per le ferrovie.

C’è anche un dettaglio storico che passerà pressoché inosservato ma che è comunque importante: un’antica stele funebre rivenuta durante una certa sessione di scavi e rimodernamenti. All’orizzonte c’è pure una torretta.
Quando smetto finalmente di guardare a destra e sinistra
mi accorgo di aver davanti ben 5 lady Ferrari come assaggio d’esposizione!!
Io non ho dubbi, sceglierei la Portofino.
Ma con autista incorporato, visto che la patente non l’ho mai presa.

Ho sempre saputo del mito Ferrari solo per sentito dire; sapevo di un grande che si è fatto da sé, ed ero curiosissima di ammirare la favola dell’arte stavolta dal lato motor-design.
Ora però che qui sono arrivata, vengo a sapere tutti i perché di questa particolare storia, che anche se non nostra, ci coinvolge come se alla fine lo fosse.
Tutto nella nostra Italia gira intorno alla partecipazione emozionale, e qui non si fa eccezione.
Solo che dietro il bello della macchina, salta fuori il bello del MONDO FERRARI, un filosofia di gestione di cui è giusto andar fieri, e che però forse non sarebbe male tornare a prendere a modello.


Finiti i primi appunti, ricaccio il quaderno nello zaino per avere le mani libere di transazionare per l’ingresso al museo.
L’esposizione consta di due ambienti, il primo è un grande salone, dove le macchine si possono ammirare ma non toccare, e dove mi avvertono che nel giro di un quarto d’ora verrà proiettato un video sulla vita del costruttore.
Le auto brillano di lucido, sono tante (ovvio!) e differenti
Lungo le pareti ci sono diversi pannelli esplicativi e qualche teca con pezzi di ricambio. In una di queste spiccano due passacavi candela: a che cosa servano non lo so, hanno però forma curiosa, simile a bacchette di batteria.
In sottofondo una bella aria d’opera, basta questo a prendermi; anche se i motori non saranno mai il mio destino, potrei anche convincermi di imparare qualcosa…
Perché abbiano scelto questo tipo di musica è facile intuirlo: l’Emilia è terra di bel canto e a Enzo la lirica piaceva.
Buon cibo, motori, passione e melodramma: una regione V.I.T.A.L.E .


Dicevamo quindi che Ferrari = mito.
Tradotto vuol dire
- estro nel coniugare moderno e antico, ovvero tecnologia e artigianato
- un modo di raggiungere l’eccellenza intriso di carattere
E poi, to’…
ogni auto è prodotta per non essere mai rottamata: come è possibile??
Se ne occupa un apposito dipartimento, il Ferrari Classiche, dedicato a manutenzioni e a restauri che possono richiedere fin oltre un anno di tempo.
I tecnici sanno sempre come ogni auto è stata costruita al millimetro, se ne tiene registro apposito in modo da poter riparare, sostituire o rifare da capo ogni singolo pezzo.
Interessante… Se per ogni singola automobile c’è un libretto personale pieno di dettagli per garantirne la funzionalità per sempre o quasi, sai quanta gente lavora??
Ci vogliono pazienza, tempo, precisione per risalire alle origini di un prodotto e garantire assistenza davvero personalizzata…
Dato poi che il metallo dura ma noi no, bisogna anche assicurarsi di passare il testimone ai giovani.
Il lavoro in questo modo si crea…


Ora… tutti ammiriamo un’azienda diventata grande a suon di efficienza provata; ma che si voglia
far restare qualcosa nel tempo è sferrare un colpo mortale al predominio dell’usa e getta
Una Ferrari allora non è più soltanto un’auto, diventa leggenda… al pari della musica del sottofondo di prima, mentre passeggio fra una macchina e l’altra, sbirciando appena le singole date di venuta al mondo dei motori. Sembrano nuove di zecca!
Nemmeno gli ostacoli fermano la gloria della corsa: una vettura che diventerà prima o poi un pezzo raro (se non unico al mondo) si guida sempre nello stesso modo, e il ritmo con cui oggi cambiano le cose può far apparire la manovra obsoleta.
Nessun problema: ti aiuta il Corso Pilota Classiche!
La guida viene così valorizzata come stile, e uno stile deriva dalla personalità, che sempre si accompagna ad emozioni, e sempre rimarrà distante dall’ordinario.
Tante poi le iniziative di community dell’automobile, che riunisce attraverso sfilate e raduni tutti i possessori felici di un pezzo della stessa grande storia.

Io non lo so che cosa mi succede da stamattina, ora faccio una pausa nel box personale: i fili mi si collegano con mille altre cose tra esperienze passate e progetti per il futuro.
A Torino ero rimasta affascinata dall’evoluzione storica dell’automobile, qui mi sento stimolare attraverso un esempio concreto, e la frase stampata sopra pare voler spingere l’acceleratore…
Penso e ripenso tante mille e più cose quando
le luci improvvisamente si abbassano e comincia il video

Niente parlato, anche qui tutto musica.
Si susseguono foto e date con qualche frase a riassumere le tappe, proiettando riflessi persino sul soffitto, e noi sparsi in piedi ci ritroviamo dentro!
Alla fine inevitabile l’applauso, e a me scappa anche la lacrimuccia.
Ora sappiamo da dove arriva il Cavallino Rampante:
era lo stemma dell’aereo di Francesco Baracca, aviatore caduto nel primo conflitto mondiale, che sarà donato al promettente Enzo dalla famiglia per augurargli buona fortuna.
Da liceale ero anch’io tifosa della Formula 1, ma di un’auto vedevo solo materia, non immaginavo fosse anche questione di sogni…

Prima di uscire trovo in fondo due stanze più piccole; nella prima, quella dei motori, mi affaccio soltanto.
La seconda invece ricostruisce un archivio, pieno di scaffali occupati da raccoglitori.
Ci entro volentieri.
È al buio totale, dato che non c’è nessuno, ma non appena arrivo io la luce si accende, proiettando linee e fasi di progettazione attraverso una lampada sul piano di lavoro.
Originale!!

Dopo una veloce rinfrescata la visita continua nell’antica officina di Alfredo Ferrari, convertita in spazio espositivo che oggi ripercorre le mostre succedutesi negli ultimi dieci anni.
Per esempio GRAN PRIX ha voluto riunire le vincitrici di tutte le gare, come se potessero trovare un punto temporale comune per sfidarsi fra loro.
NelLE ORIGINI DEL MITO si è presentato Enzo come uomo unico.
E ancora: I 100 ANNI DELLA MASERATI, omaggio a PAVAROTTI, le sfide, le star, capolavori, e al fondo un bolide da corsa dei tempi di Lauda e Villeneuve.
Insomma tutte occasioni di conoscere meglio il mondo di questa grande casa nata dal sogno di un semplice.

Enzo Ferrari allo studio preferì il lavoro, ma coltivava il sogno di realizzare un’auto sua
Fu congedato dalla prima guerra per una pleurite dichiarata incurabile. Raggiunse Torino nella speranza di essere assunto in FIAT ma non fu preso.
Lo prese invece lo sconforto, sentendosi solo dopo aver perso padre e fratello… eppure fu proprio nella fredda città che incontrò Laura, sua futura moglie.
La situazione lavorativa pur con gli alti e bassi del primo dopoguerra si avviarono, fino a consentirgli di diventare pilota e avviare una casa automobilistica tutta sua.
Venne soprannominato anche “il Drake” in riferimento al corsaro esploratore inglese che circumnavigò il globo intero.
Se si pensa che lo stesso nome è stato dato al canale che separa il Cile dall’Antartide, uno dei mari più tempestosi al mondo, si ha la misura di che tipo di persona esigente e determinata dovesse essere…

Peccato non aver potuto accedere alla casa natale, ma sono soddisfatta in pieno!
Il prossimo giro a Modena sarà per inseguire l’altro grande mito di qui: big Luciano…