Un bivio, la scultura di un uomo con un elmo appariscente, e la facciata di un’abitazione con il tetto a punta. Proprio questa mi induce ad osservarla più attentamente: poco sotto quel tetto ci sono infatti solo due mezzelune, ognuna con al centro una finestra a rettangolo verticale; poco più in basso un cavo scorre orizzontalmente, e guarda caso è leggermente incurvato… un dettaglio curioso che mi ricorda subito un famoso film di Pupi Avati.
Invece siamo a Pietrasanta, capoluogo di Versilia, la città d’arte e città nobile in cui nacquero nientemeno che Giosuè Carducci e Nicolò “Eugenio” Barsanti, uno degli inventori del motore a gas.
Quella casa dalle finestrelle che sembrano comporre un volto che sorride si vede da Piazza Matteotti, subito dietro la scultura (sopracitata) di un guerriero un bel po’ troppo in carne, protetto da uno scudo minimo. È una piazza con ampia vista sulle montagne circostanti; siamo ai piedi delle Apuane, anche se io chiamerei Alpe solo quella roccia che spunta all’orizzonte molto oltre l’esteso paesaggio verde.
Incuriosita dalla definizione di “Atene d’Italia”, e domandandomi che stile architettonico si sarebbe mai svelato davanti ai miei occhi, mi trovo invece nel bel mezzo del Festival di Alta Cucina, con la piazza principale occupata dalle bancarelle di prodotti del luogo, e con tanto di furgone e parabolica della RAI.
Un fine settimana all’insegna di fantasia e convivialità, con sfilata di piatti a sorpresa e spunti golosi di grandi chef, alcuni dei quali francesi, tanto per aggiungere al sicuro gusto del cibo anche il fascino di un possibile gemellaggio fra Versilia e Costa Azzurra.
Marmo, pietra, cattedrale e cibo. A Pietrasanta tutto è italianissimo; e soprattutto toscano.
Con quel non so che che distingue sempre questa regione dalle altre. Qualsiasi cosa si realizzi qui, è sempre di più: più dettagliato, più elaborato, più complesso… Mi sembra di immaginarmelo, quel Carducci che si infervorò nello studio della lingua dei dotti e persino del tedesco, per poter leggere i classici latini e quelli stranieri, poco incline al romanticismo e che fra studio e lavoro si accendeva anche per la politica.
Pietrasanta era il cognome del nobile podestà di Lucca che la fondò, Guiscardo, e la sua planimetria è pensata a misura di città ideale.
Nel centro storico piccolissimo ci si orienta senza bisogno di mappe, è piacevole introdursi in quelle poche stradine tutte a dritta ornamentate da portoni e negozi coloratissimi, alcune con molte gallerie d’arte, e persino un punto di sosta per pellegrini, una chiesetta con due affreschi di Fernando Botero (autore del guerriero di prima), una novità!
La piazza del duomo qui è l’unica principale, le altre sono stazioni di parcheggio o incroci. C’è tantissimo bianco sopra e sotto: cumuli di nubi purissime come batuffoli di cotone, il monumento al granduca con le colonnine della cancellata, la stele con il leone dello stemma mediceo, marmo pulito che risponde al sole accendendosi in tutta la sua lucentezza.
Rispetto ad altri luoghi, qui la facciata del duomo è meno appariscente nelle decorazioni architettoniche. Nel pomeriggio un altro tocco di bianco vi si aggiunge, e il grande portone verde centrale viene aperto per accogliere una sposa che procede, senza accompagnatore e con un unico fiore in mano, dietro al piccolo corteo di invitati al suo sì.
Più tardi leggerò che il nome di “Piccola Atene” fa riferimento al mondo della scultura;
uno dei musei più importanti è infatti proprio quello dei Bozzetti, che ripercorre le fasi di come nasce questo particolare tipo di opera d’arte.
Ma le sculture devono poter essere “incontrate”, catturare l’attenzione, comunicare, invitare a riflettere.
E devono poter parlare anche a chi quelle strade da sempre le abita.
Per questo non rimangono al chiuso, ma vengono disseminate lungo i viali, spuntando come per caso da un angolo, come la fanciulla sull’altalena, o come “materializzandosi” improvvisamente davanti ai tuoi occhi nel bel mezzo del verde, come nel caso del giovane ricoperto da corde.
Oppure ti si “avvicinano” nel loro bianco sfolgorante, e a guardarle sembrano molto simili, invece ognuna ha un titolo proprio.
Una salita fin verso la Rocca di Sala, nel cui palazzo Guinigi sostarono i potenti di un tempo, mi dà l’enorme balsamo di vedere il mare all’orizzonte; non so spiegare che cosa provo, è un regalo della splendida giornata, non ho nemmeno tenuto conto del rischio perché la salita è breve ma non asfaltata e piuttosto ripida, all’andata è una fatica ma al ritorno devi fare molta attenzione a non scivolare, perché non c’è nessun corrimano.
Bello il panorama, belle le mura che riflettono un incrocio di minuscoli colori, belle le tante pietre sull’erba, specialmente quelle di bianco brillante e con effetto madreperla.
Fu qui, quel 7 settembre del 2019, che decisi che non volevo più vivere in una grande città.
C’è chi mi ha detto che la Toscana è più bella verso Grosseto e la Maremma, soprattutto la costa. Forse è di un’atmosfere più dolci, e poi vicino c’è la magnifica Isola d’Elba.
Io però sono anche molto attratta dalla zona intorno alle Apuane, perciò vorrò andare a vedere le cave di marmo, dove Michelangelo sceglieva i blocchi, con le cittadine di Massa e Carrara e magari anche Pontremoli.