È stata un’estate torrida con la peggior umidità mai sopportata. Ma non ha potuto nulla contro l’insofferenza che mi prende quando sono costretta a rimanere al chiuso tanto tempo, non mi ha fermato dal cogliere al volo l’occasione di visitare Siena.
Un po’ invidio chi era qui ai tempi del Grand Tour, pensando a quel paesaggio più ricco e più pulito che devono aver visto coloro che ne furono i più efficaci narratori. A me toccano le insegne di grandi magazzini, in cui ormai non confido più di tanto per abbellire il mio guardaroba, sempre avido di motivi floreali e colori fra i più diversi, in opposizione netta a quello che mi sembra proprio un evidente vuoto di creatività.
Quando viaggio mi siedo al finestrino di destra. Al ritorno faccio lo stesso, così vedo il paesaggio completo.
Mi domando però che cosa ci sia di così attraente in questo insieme di campagne, arbusti, alberi… Vedo stradine che sfrecciano in mezzo alla normalissima campagna, mentre in Islanda, per esempio, le stradine sono vie che collegano un centro abitato ad un altro in mezzo al niente.
Per me è affascinante, ma per chi quel niente lo vede tutti i giorni capisco che sogni il calore e colore emanati da queste colline in mezzo a campi interi di girasoli.
La risposta mi arriva appena passato Poggibonsi.
Ettari e ancora ettari di natura e casolari, cipressi da cartolina, vigneti, alberi, vegetazione rigogliosa che neppure il sole un po’ pallido riesce ad affievolire. Eccoli qui i paesaggi incantatori.
Se non fosse che manca un riparo, che so, una grotta, mi ci perderei volentieri. E quando viene dato l’annuncio dell’arrivo a Siena, vedo ancora binari invasi dall’erba.
Toscana, cuore d’Italia. Siena, cuore di Toscana. Per uscire c’è un lunga salita in scale mobili, sento persino nausea come quando in Liguria i treni si fermano in pendenza. Appena fuori, un’occhiata veloce alla mappa, e Via Camollia è mia.
Che cosa si può voler vedere a Siena? Se non hai amici in loco, prendi la strada che porta a Piazza del Campo e al duomo spettacolare con guglie sporgenti.
Ma la stessa via che vi conduce è già da sola un susseguirsi di palazzi medievali che impongono una sosta; fra questi, la stupenda facciata in Piazza Salimbeni della sede del Monte dei Paschi, la banca più antica che si conosca, fondata nel 1472.
Rispetto a Firenze qui gli archi sulle porte sono più stretti. Un monumento al centro ricorda Sallustio Bandini, che insegnò libertà economica per la prosperità dei popoli.
Venerdì d’agosto, pochi turisti, riconosco i suoni della lingua olandese. Sono un po’ satura di chiese, ma mi siedo volentieri faccia a faccia col duomo, e mi metto a scrivere.
Di colpo la timidezza si dissolve lasciando il campo all’immaginazione di vedermi “matrimoniata” con un conte mentre, seduta nel mio angolo di palazzo d’epoca, mi addentro nelle vicende di Pia de’ Tolomei…
Me la dimentico Firenze, non ci tornerei più indietro, visto che l’avanti fa mostra di così tanti begli angoli che aspettano solo di venir scoperti. La polizia qui va in panda. Il tempo non sembra correre per niente, come quando monaci e suore gestivano l’ospedale-locanda di viandanti e balie, un complesso monumentale in cui è vietatissimo fare foto, ma quanto vorrei fossero molto più vietati gli schiamazzi dei soliti infanti iperattivi…
Siena è raffinata, ma è a Pistoia che il ricamo è rinomato in tutto il mondo. Mi sono persino concessa il tour dei sotterranei. L’Ospedale del Ceppo, sede di una scuola di medicina e chirurgia, conserva il teatro anatomico del ‘700, un posticino piccolo piccolo dove si studiava sui cadaveri, originale per le decorazioni.
E lungo il percorso sotto i tombini, alla scoperta dei corsi nascosti dell’acqua di un tempo, la guida cita il convento delle Convertite, che assistevano le prostitute, e Le Oblate, originarie di Firenze, collegio di ostetriche sotto il patrocinio dei Medici.
A Pistoia insegnò Carducci; Niccolò Puccini vi nacque il 10 giugno 1799.
Nel 2017 è stata addirittura capitale della cultura, mentre continua ad ospitare il festival musicale con artisti da tutto il mondo da giugno a settembre. Nativo di Siena fu invece Carlo Corradino Chigi, senatore del Regno, che ospitò nella sua casa anche il librettista d’opera Arrigo Boito, collaboratore del grandissimo Verdi.
Ad un certo punto del mio tranquillo percorso vengo sorpresa da un’ondata di pioggia a due tempi: prima i tuoni, poi rumore di scroscio e infine il cadere dell’acqua. Per due volte consecutive. Dal volto rosso paonazzo passo al fresco bagnato, e del sudore più nessuna traccia.
Trovo riparo nella Galleria Vittorio Emanuele, di cui non mi sfuggono certi motivi di decorazione di prima della guerra, è stata inaugurata infatti nel 1912. Allora c’era un cinema che adesso non c’è più.
In molti punti trovo anche qualche spiegazione a misura di bambino, come quella della torre del duomo, che se avesse braccia saluterebbe i visitatori. Sono cosine semplici, ma le preferisco alle reliquie.
Nessun viavai significativo lungo le strade, a parte una coppia di tedeschi che ferma proprio me per domandarmi se so dove sia una certa via; rispondo di no, ma che ho una mappa, e non appena la apro la trovo subito quella via, è proprio dietro di noi!!
Da un punto ad un altro son cinque minuti; a Siena quelle scale mobili più il camminare fino alla piazza con la Torre del Mangia non finivano mai.
Belle le facciate delle chiese romaniche. In un’altra piazzetta ho varcato la soglia di una di queste, aperta con l’unica anima viva nei paraggi di un gatto seduto in un pezzettino di prato con un solo cipresso.
Ma fra colonne altissime e un rosone a forma di campana, mi sono sentita frenare da quell’immersione improvvisa nel buio, e così sono uscita quasi subito. Poco prima avevo infatti visto un altro luogo di culto ormai in decadenza, mi ero ritrovata sola fra vicoli deserti e finestre murate, intuendo chissà quale mistero.
Ci sono comunque anche chiese più sobrie, con aspetto di sola pietra, opere del proprio tempo che non sanno nulla dei nostri parametri estetici, anzi, conservano con orgoglio tesori inestimabili.
A Pistoia silenzio, a Siena incrocio un violinista che fa da cornice a Nothing else matters dei Metallica.
Siena ha origini etrusche, Pistoia divenne dominio longobardo.
Siena non è l’unica ad avere un palio. A Pistoia è la Giostra dell’Orso, che trasforma il centro storico in un ritorno alle gare dei cavalieri del Medio Evo.
Ed equestre è anche il motivo della scultura Miracolo di Marino Marini, conservata all’interno del palazzo comunale: secondo lui la storia dell’uomo è tutta fra cavallo e cavaliere, il cavaliere sempre meno padroneggia sul cavallo, e il cavallo è sempre più rigido nella sua ansietà.
Pistoia è collegata a sud con la via Francigena, che ingloba Siena.
E allora:
Definire la bellezza è questione di gusti. Ma preferire una piuttosto che l’altra sarebbe offendere l’altra.
Una è raffinatissima; ma forse nell’altra si vive più in pace.
… ho detto che me la dimentico Firenze… poi però quando sei a Firenze, è tutto il resto che viene meno…