Bagno pulitissimo e profumatissimo. Probabilmente nuovissimo. Ma le carrozze non sembrano quelle di un treno appena uscito dalle officine, anzi, direi proprio che qualcosa di simile a un viavai da e per Pisa devono averla già vista, varie e diverse volte.
Firenze Rifredi, Le Piagge, Signa poi finalmente la piccola Montelupo. Neanche 20 minuti di corsa per giungere finalmente in un posto non citato in nessuna delle guide della libreria di Firenze Centrale, su cui mi ero messa a curiosare mentre ho aspettato il treno per più di un’ora. Una seconda e più inaspettata sorpresa è stata trovarmi Linus di Radio DeeJay proprio dietro di me…
Domenica 19 maggio a Montelupo Fiorentino. E’ un po’ come una giornata FAI, ovvero occasione di raccolta fondi con apertura straordinaria della Real Villa Ambrogiana. Abbiamo avuto parecchie richieste di informazioni su questo evento, ogni volta che il FAI si imbarca in qualche cosa del genere, il richiamo è potente.
Peccato che la giornata sia da pensieri misti a parolacce. Un cielo dal color scuro indefinibile, con viavai di pioggia e un vado e torno di temperature. Da giorni non mi separo dal mio variopinto ombrello a bastone, unica nota di brillante colore in mezzo ad un completo da passeggio in prevalenza grigio-nero.
Il brutto è che non si riesce a gestire una giornata in modo normale, il saliscendi dei gradi influisce sulla pressione, ci sono pomeriggi che passo sdraiata per via di lievi giramenti di testa. Poi, altro che primavera: oggi fa freddo! Poche settimane, poi, altro che benvenuto caldo: l’estate scoppierà e andremo tutti al rallentatore!
Dato che il sole sperato me lo scordo, volgo la concentrazione su quello che il mio passo trova per la via. Il borgo degli arlecchini, il centro del commercio di questa piccola cittadina, centro di note ceramiche e di ricette dal titolo curioso come le patate con l’urlo, o il pan bistugio, un dolce che ricorderebbe il metodo di cottura della ceramica.
Una minuscola stazione di appena due binari sulla via per Empoli, e tanto paesaggio intorno; siamo vicini a Vinci, e anche a Fucecchio, dove nacque Indro Montanelli.
Trovo subito un cartellone con una piccola mappa, di quelle per accogliere il viandante di un tempo e la blogger di oggi pomeriggio, che tuttavia non credo arriverà a visitar la villa prima citata, soprattutto perché la sua prima passione è sempre il luogo in sé.
Poca gente in giro; mi dirigo ad una piazzetta davanti alla quale scorgo subito un enorme vaso. Al ritorno ne vedrò anche un altro piuttosto suggestivo, ma ne parliamo dopo.
Pochi passi più in là un bel monumento a ricordo di Salvo d’Acquisto, nella pulitissima piazzetta a lui dedicata, con tre panchine e un altro cenno a Guido Guidi, profumo di Resistenza. Proseguo, qualche marmocchio piangente, tre cani con relativi tutori, ed un’originale fontana a mo’ di nave come tagliata a metà da una stella polare.
Mi convinco a visitare il Museo delle Ceramiche, che coabita nel suo palazzo insieme alla biblioteca. Ceramiche per me vuol dir Faenza, e mi basterebbe quella visita, ma mi hanno detto che anche questo è famoso. Allora ci vado.
E’ in corso una mostra intitolata Di tutti i Colori, con spiegazioni semplificate e dirette, per favorire un collegamento rapido con l’immaginazione. Rievoca l’arte della policromia, l’importanza del colore, non manca neppure un accenno a quanto scritto da Leonardo sul suo trattato della pittura, in cui esaltava il bianco come luce senza la quale nessun altro colore si potrebbe vedere.
A Faenza era proprio il bianco a richiamare familiarità; qui invece è tutto più elaborato, ed è il rosso ad essere passato alla storia, difatti la sua composizione è rimasta a tutt’oggi un mistero.
Imparo che prima della fine del ‘400 si mangiava direttamente dal tagliere, i primi piatti verranno dopo.
Che certe ceramiche non servivano a niente, come una sfera creata per puro scopo decorativo.
Che diversi erano i contenitori per le farmacie, dove molti secoli addietro si andava anche senza passare dal medico, mentre gli ospedali erano luoghi di cura approssimativa per i meno abbienti.
Che le ceramiche venivano esportate arrivando al mare seguendo i canali dei fiumi lungo interminabili viaggi, e che sicuramente molte di esse erano anche per uso personale, dato che se ne sono trovate persino a Cuba.
Alla fine il sognato sole è spuntato, ed io mi ritrovo con un fastidioso caldo addosso e con le mie due sole mani piene di tutto. Penna, quaderno, due imprescindibili dépliant, perché magari mi ricordassi ciascun dettaglio…
Una vigile occhiata alla borsa, l’ombrello che procede al mio fianco saldamente agganciato al braccio, l’immancabile tappa in bagno. La mostra continua al Palazzo Podestarile, distante solo qualche manciata di passi proprio sulla via del ritorno.
Nel frattempo la piazzetta si è animata, ora anche la nave a metà spara acqua. La fila alla gelateria, ancora cani (due, attenti a cadenti briciole di coni), bambini che giocano facendo chiasso, signore truccatissime al caffè; ma non fanno tutti un po’ troppo sempre le stesse cose alla stessa ora…?…
Nel palazzo trovo tazze più moderne che risveglierebbero la felicità di qualunque moderna massaia, difatti non riesco a concentrarmi tanto è il chiacchiericcio di un gruppetto di signore, ognuna intenta a segnalare il pezzo preferito alle altre. Risveglierebbe in fondo anche la mia, che sogno una casa che sia casa e meno caverna di parcheggio momentaneo…
Davanti alle stesse ci sono delle tende con stampate le foto di un gruppo dei imprenditori degli anni ’50, sono cose su cui mi soffermo parecchio. Si fa presto a ricreare un’atmosfera.
Niente di elaborato, solo una combinazione semplice di prodotti e storia, il manufatto che si ammira, e l’emozione del ricordo che vive ancora nonostante il passare del tempo e il mutamento delle epoche.
Sono uomini che sorridono, uno a fianco all’altro, uno di loro è anche in bici. Sembrano più amici che uomini d’affari, volti che ci appartengono molto di più dell’idea del businessman vincente a tutti i costi.
Bella la Piazzetta Molino dell’Elmi sul fiume, purtroppo malmesso per via del fango. Belle le panchine colorate, aggiungono colore all’aria pulita. Ma, vi scongiuro, risparmiatemi la simil statua di forma umana spacciata per opera d’arte!… A fare una cosa del genere saremmo capaci tutti, non c’è nessuna originalità.
I miei occhi rivogliono gli esperimenti di bottega, e mentre camminando me li sogno, ci arrivo proprio davanti ad un ingresso di bottega! Avverto in aggiunta un profumino di promettente buona cenetta… Dico grazie; lo sconvolgimento non c’è più.
Ma il culmine è al ritorno alla prima piazza, quella dell’imponente vaso. Capito infatti davanti alla testa di un David al contrario, povero lui, ridotto ad attrazione interpretabile, e a cestino per abbandonati pacchetti di sigarette. Vabbè, magari ci sta anche la provocazione, sempre meglio di un fantoccio robotico. Ma è triste. Eppoi David è Firenze…che c’entra Montelupo?
Giornata finita, cronache chiuse. Domani butto tutto online. Evito di descrivere la penosa impressione del minuscolo bagno del regionale di ritorno. Materiale zero sulla villa, perché, come prevedevo, non ce l’ho fatta a vederla, ma so che viene aperta per eventi. Imprevisto di fame, ma è ovvio, sono le 19:30 suonate…
Tirando le fila, è bello andare in giro. Anche in posti piccolini.
Non saranno sulle guide, ma ci sono e tu lo sai.
Tanto basta per motivarci a riscoprirli.