Avevo sentito parlare di Brisighella come borgo fra i più belli d’Italia dai tempi del mio viaggio a Faenza. Non appena finalmente s’è potuto rimetter piede su un treno, mi son detta: “Ecco da dove ripartirò!”
Sono emozionata, felice e un po’ incredula, dopo un anno e mezzo di stop forzato.
In più, quando scendo alla stazioncina sono anche frastornata per colpa degli sbalzi termici. Uno-due-tre respironi non bastano, mi devo sedere a mangiare in anticipo il mio pranzo al sacco, per riprendere un po’ di forze.
Ho anche la sensazione di orecchie tappate… Boh, sarà l’emozione, o forse un effetto d’altitudine…?
Calma, mi dico… oggi è un giorno speciale, come una festa: nessuno mi corre dietro. Il posto è piccolino, ci sarà tempo per vedere tutto.
Davanti a me il Parco Ugonia, un’area verde con bel gioco di piante e muretti, e un’area circolare in ricordo dei caduti, protetta da abetini piantati a corona.
Tra i primi cartelli vedo subito indicato il Sentiero dell’Olivo, prodotto per cui Brisighella è particolarmente rinomata. Io però prendo a destra, perché sono curiosa di scoprire il borgo.
Pochi passi, ed ecco già la prima targa in memoria di Achille Lega, che fu nobile e pittore, nato qui e morto a Firenze. Mi fermo sempre a leggere queste commemorazioni, anche se sono nomi che non ho mai sentito, come in questo caso. Perché di un territorio dicono tanto.
E qui siamo in Romagna, e la meravigliosa costante da queste parti consiste nel trovarsi in un puntino del mondo con vita florida.
Posto piccolo da queste parti non vuol mai dire che non ci sia niente da fare, vedere, vivere o a cui poter partecipare: basta dare un’occhiata ai manifesti che annunciano eventi, sia qui che nei dintorni. E mica sempre e solo le classiche sagre; per esempio si fa teatro in dialetto, e si ricreano i tempi medievali in una Festa che non si limita al mercato.
Fra un passo e l’altro vedo spuntare la Torre dell’Orologio, ma che strada prendere per arrivare fin lassù? Bella domanda… Mi ricordo a Ghiffa, altro puntino sul lago Maggiore: scarsa segnaletica (tanto chi ci viene?… io…), mappa molto approssimativa…
D’improvviso, ad un angolo, ecco una facciata gialla: è la Chiesa del Suffragio, che custodisce i resti di tanti soldati. Vado oltre, e trovo un’arco con scalini a chiocciola in cui esito ad entrare perché sembrerebbe l’accesso ad un’area privata, invece fuori c’è una targa con su scritto Parco…
Per quel che vedo sono in effetti ingressi privati, alcuni con porticine così basse che se mai dovessi entrarci io dovrei abbassare la testa. Però mi era sembrato che una persona entrata dietro di me fosse “sparita” dietro un muro…
Mah… forse ho visto male, attenta come sono a ogni dettaglio architettonico e in special modo a non cadere. Opto per ritornare cautamente in strada.
La Torre stavolta è più vicina, ma io sposto i piedi dall’asfalto e riprendo la passeggiata sui bei ciottoli con l’erba che spunta; “colpa” del nome curioso di Via Gattamarcia (a ricordo di un antico casato), che sfocia in una piazzetta con tavolini di una vineria.
Continuo a non trovare la Pro Loco, eppure è segnata dappertutto; che volete farci, son qui rapita…
Mi fermo davanti ad alcuni pannelli risalenti alla fine della guerra, ognuno con una foto grande, due parole e loghi delle tante associazioni che custodiscono la Memoria.
Fine della guerra, esaltazione del coraggio, onore ai caduti. Anche Brisighella ha fatto la sua parte.
Alcune vetrine mostrano un’iniziativa di vendita di ricami per raccogliere fondi. Bei lavori.
Si fa Nordic Walking, ci sono infatti dei pannelli che suggeriscono itinerari di diversa difficoltà, con numero di telefono per contattare un istruttore.
E poi c’è la Vena del Gesso, minerale qui molto diffuso e riconoscibile dalle “lucine” sui muretti.
Alla fine eccola la Pro Loco, con pannello in quatto lingue, a fianco del palazzo del Comune e della Polizia Municipale, che sulle auto si identifica pure lei in quattro lingue, ce ne devono essere di turisti da ogni dove in Romagna…
Di nuovo mi faccio prendere dalla curiosità di un porticato intitolato a Via, perché ripenso ad un’area privata, e invece… ecco finalmente la strada per arrivare alla Torre!!
Un po’ di scale in salita, ma che vista…!!
Quello che c’è in Italia è solo una parte della bellezza del mondo, sarà semplice ma come si fa a non rimanerne incantati e a non far volare la fantasia dove vuole lei? Vale a dire: nell’inverosimile?
Altro che relax: ti vien voglia di cambiar vita.
Tutto il verde possibile ed immaginabile, naturale e coltivato, più i tetti con qualche apertura verticale su terrazze interne, che a vederle da quassù, sembrano un po’ come dei quadretti messi sopra a decorare.
La vista si espande man mano che si sale fino in cima. Ovunque panchinette a due posti, fan fiorire i sentimenti…
Ho un brivido quando sulla sinistra si apre l’orizzonte a spianata, quasi fosse il livello di un mare ipotetico.
Io la paragono ad una pista di atterraggio, perché un po’ la sensazione che dà il tratto di Faentina che unisce Toscana e Romagna è proprio quella di puntare in alto per superare gli Appennini, e finire poi la corsa “atterrando”.
Quando torno giù e riprendo il cammino, trovo l’entrata di Via degli Asini, dove i lavoranti trasportavano il gesso a dorso di asinelli. Difatti le porte anticamente erano accessi alle stalle. Da notare poi che il suolo è a dossi. Una via interna conservata come un monumento.
La percorro per intero, ispira a fare molte foto… Al fondo, girato un angolo, ecco il punto della scala a chiocciola dove mi trovavo io poco prima! Mistero del passante “scomparso” risolto!
Dopo la Torre, è d’uopo ripetere la salita fin sulla Rocca, costruzione militare voluta dai Manfredi, signori di Faenza. Ci vuole un po’ di pazienza con quegli scaloni, ma ci son certi punti di osservazione a ringhiera magnifici, ti fan sentire come su una nave…
Stavolta è la Torre a svettare sulla roccia a strapiombo… su cui si ergono persino cipressi!
E a proposito di cipressi… nel panorama trovo una stradina come quelle della Val d’Orcia, e me pare quasi un dettaglio anomalo in questo paesaggio; sarà forse un omaggio alla terra di Toscana?
La strada è proprio alla base della Rocca. Ho idea di terminare la giornata facendo tappa alla chiesa distante poche centinaia di metri, ma mi trattengo volentieri ancora un po’ sul suolo bianco sfavillante che costeggia un esteso campo di olivi secolari video controllati.
Al Santuario dedicato alla Madonna del Monticino lancio lo sguardo sugli Appennini in cui tra poche ore mi ritufferò per tornare a Firenze.
Dolgono i piedi, e i gradi di temperatura van su e giù, e il punto è meno bello, ma sono molto soddisfatta.
Una bella gita di cui raccontare e che non dimenticherò.
Un cagnolone mi “sorveglia” accoccolato su un muretto. Ho un attimo di sussulto, perché a Domodossola ero dovuta passare a fianco di un arrabbiato gruppetto abbaiante sulla via mentre cercavo il Sacro Monte; ma ora qui non c’è pericolo.
Alla discesa ecco infine un’altra zona di grande interesse, il Museo a cielo aperto della Ex Cava Monticino. Ce la farei ancora a fare qualche passo, ma preferisco non proseguire perché non c’è nessuno e la zona è completamente incustodita.
Rimango a leggere i pannelli, che spiegano una storia geologica molto interessante.
C’era una volta, tanti milioni di anni fa, il mare.
Un giorno si ritirò, causando fenomeni di evaporazione e precipitazione di sali minerali, fra cui il Gesso, accumulatosi poi in depositi che nel tempo hanno formato rocce di selenite.
Questo minerale non è molto diffuso in Italia, ma se ne trova un po’ ovunque, fino alla Sicilia.
Fra le province di Ravenna e Bologna corre però come una dorsale, come una “vena” di questi dolci Appennini.
Per te, o viandante che a questo punto della storia ti stai chiedendo la domanda comune a tutti; pensa intensamente a un piccolo mondo di natura, olio e piadine, storia e vitalità, e finalmente scopri dov’è
In quanto a me, penso sin d’ora molte cose… Di tornare per la Festa Medievale, e anche di allargare la conoscenza ad altri borghi d’intorno, per esempio Dozza, a sud di Bologna, famosa per i murales… Tu la conosci?