Pur non dormendo granché sono riuscita a svegliarmi senza indugiare nella preda di Orfeo, data l’ora davvero mattiniera.
È ancora buio. Il treno arriva puntuale ma a un altro binario.
La prima stazione è Figline Valdarno, dove abita Sting. Ad Arezzo splende già alto il sole, ho fatto bene a scegliere questa giornata perché la prossima settimana si prevede pioggia.
Dopo Arezzo, Castiglion Fiorentino, il paese di Benigni. E un po’ più in là Orvieto con la spettacolare facciata del duomo. Poco prima Castiglion del Lago, con il Trasimeno che si nasconde sotto la nebbia.
Il viaggio a Roma doveva essere la prima tappa in direzione della Puglia, ma mi sono venuti i capelli dritti a vedere le tariffe degli ostelli con la scusa della vista Colosseo.
A Roma ci vado lo stesso, ci mancherebbe; ma convertita in gita A/R in giornata mi costa meglio.

Ma il perché ci vado ha come al solito personalissime motivazioni. In effetti Roma è sì la capitale d’Italia e città fascinosa, ma è anche un brulichio caotico di quelli a cui anch’io comincio ad essere insofferente.
Devo la “colpa” al libro She Seduced Me di Mark Tedesco
un bellissimo testo in cui l’autore californiano racconta che cosa lo ha colpito della capitale quando studiava in seminario.
Trovo che sia difficilissimo descrivere l’anima di una città, e riduttivo intendere un viaggio in termini di cose da fare. La vera novità di cui siamo tutti affamati è che si riesca a raccontare un viaggio attraverso una storia personale.
Bene: Mark ha scritto un libro che ha prodotto in me un effetto che rimanda al titolo. Per una volta non sono stata io a decidere di fare un viaggio a Roma, ma lei a mettersi di mezzo ai miei piani di viaggio.
Con un argomento calamita, Caravaggio, a cui Mark dedica il capitolo 11.

Amo l’Italia in tutte le sue espressioni, ma non un viavai continuo di mezzi di trasporto come
alla stazione Termini piena zeppa di insegne e percorsi che preannunciano falcate di km
Una stazione che potrebbe essere la stessa di Milano se non fosse per il soffitto più basso per via che al piano di sopra è tutto un concentrato di punti di ristoro.
Compro un biglietto della metropolitana. Per trovare lo sportello informazioni turistiche devo chiedere, e quando arrivo c’è pure coda. Compro la mappa, poi altro chilometro per arrivare alla metropolitana, oltrepassando altra gente in coda-maratona alle macchinette dei biglietti.
Arrivo alla pensilina, anche qui pieno zeppo. Un minuto e arriva il treno, lascio correre. Penso che è meglio aspettare il prossimo. Invece le porte chiuse improvvisamente si riaprono, ed io che mi trovo vicino e senza la ressa di prima, vedo uno spazio e mi ci infilo dentro.
Direzione: Lepanto.
Qui faccio una cosa che erano anni che mi ripromettevo di fare, se mai fossi passata un’altra volta per Roma.

Mi fermo un minuto a vedere dove è stata trovata Simonetta
Aveva 20 anni e io 22 quando la vidi sul giornale che comprava sempre mio padre.
Chissà quanti che passano di qui nemmeno sanno quello che è successo. Invece io me lo ricordo eccome, avevo sempre considerato l’ufficio un posto sicuro… Mi sembrava davvero strano che ci potessero essere stati dei depistaggi. Ma ero a Torino, forse Roma è un’altra cosa.
Se non fossi cosciente di quello che successe qui, direi che quel palazzo sarebbe da andare a vedere; col sole il bianco risplende e si riflette sulle vetrate di fronte. Elegante quartiere il Prati: nelle vicinanze anche un tribunale e la St. John’s University…
Ma ora è più che mai imperativo pregare che la verità venga fuori, e questo faccio.

M’incammino verso il centro a piedi,
punto verso Castel Sant’Angelo e mi ritrovo invece al Palazzo della Cassazione
Ci arrivo da dietro, e sulla sinistra della piazza vedo anche una curiosa chiesa con caratteristiche mediorientali.
Ma la vera sorpresa ce l’ho quando arrivo sul Tevere e non posso che rimanere senza parole davanti a quella facciata che definire imponente è come dire il minimo che si riesce a dire…

In Piazza Navona cerco dove sedermi e addentare un po’ di pranzo, col viso mezzo arrostito da un sole d’ottobre ancora cocente.
C’è così tanto che richiama la storia antica…
Tempi di quando i suoi abitanti vestivano tonache e parlavano latino
Mi ricorda il capitolo in cui Mark immagina una conversazione nei bagni, dove confluivano genti di tutte le classi sociali, senatori, soldati e gente comune.
Ogni tanto spunta un certo Napoleone, e mi sembra quasi fuori tema…

Manca meno di un’ora all’apertura della
Chiesa di San Luigi dei Francesi, che ospita il trittico di San Matteo Evangelista
in una delle cappelle laterali.
L’orario si appropinqva (mi sento in vena di latinismi) e io inforco la traversa della piazza che sfocia davanti a Palazzo Madama, sede del Senato fra le cui mura un tempo il genio abitava, sotto la protezione di un cardinale.

Si dice che da Piazza Navona Caravaggio osservasse la gente; oggi io vengo più catturata dai palazzi, le tre fontane, l’obelisco, due chiese…
All’epoca lui prendeva ispirazione da comuni poveri per dipingere santi. A me succede di incrociare lo sguardo di uno che mi osserva da un travestimento alla Charlot.
È un mercoledì tranquillo, e noto il transito di tanti religiosi, certamente qui più che in altre città.

Quando entri dove sai che c’è un Caravaggio, non serve nemmeno che tu sappia con precisione dov’è: segui la fiumana.
Arrivo e subito mi si fa ressa intorno. Io però
agisco al contrario: congiungo le mani dietro rimanendo a guardare
Prima impressione? Al confronto con altri affreschi e dipinti laterali, il Merisi lo riconoscerebbe anche un bambino. Nessun altro impiega chiaroscuri di forte realismo come lui.

Ma loro, le rockstar di una volta, che mandavano i fans in delirio a suon di violini e pennelli… CHI erano?
Mark è di quelli che se lo chiedono, di quelli che guardano un’opera d’arte cercandone la voce propria, quel linguaggio che permetta di incontrarsi sul terreno delle emozioni. Caravaggio fu senz’altro un maestro, ma ha anche lasciato traccia per aver
vissuto in direzione contraria a tutti quelli che nei suoi lavori fiutavano solo soldi

Va via la luce della cappella, poi si riaccende. Per un momento Matteo rimane nella penombra dei suoi sfondi scuri.
Oltretutto per cogliere dettagli la posizione è scomoda, e mica ci si cura poi tanto di respecter le silence. Un’atmosfera di leggero canto gregoriano appena percettibile mi fa capire che silence non vuol dire assenza di suono, vuol dire appunto respecter.
Dopo la Chiesa dei Francesi cerco quella di Sant’Agostino. Qui ci sarebbe una Madonna con un bambino bello grandicello, e una posizione un po’ strana dei piedi.

Mentre cerco di capire che strada prendere, spunta il Pantheon
Torno indietro e senza saperlo inforco Via della Scrofa, dove lui andava a bottega nel ‘500. Oggi è piena di giornalisti con telecamere a tallonare Giorgia mentre lascia la sede del suo partito.
Finita la parata, proseguo per la mia strada arrivando al Palazzo del Parlamento, poi sfocio in Via del Corso in direzione di Piazza del Popolo, ma dato che è ancora un po’ presto (le chiese hanno degli orari di apertura precisi) taglio per Piazza di Spagna e Trinità dei Monti. Da qui intendo scendere costeggiando Villa Borghese fino ad arrivare appunto a Piazza del Popolo, dove si trova l’ultima chiesa di mio interesse.
Curioso… ci sono tanti obelischi.
E mi ricordo che all’inizio del libro a Mark seminarista venne da esclamare, a furia di veder Madonne dappertutto, se la signora dovesse stare più in Italia che in Paradiso.
Di riflesso, eccomi in una simile reazione contrariata: che c’entrano i geroglifici con Roma??

Sbaglio subito chiesa, entrando in Maria dei Miracoli invece di Maria del Popolo. Mi sembrava, infatti di Caravaggio neanche una pennellata. Forse è dall’altra parte della piazza.
L’attraverso, e di nuovo i metri si fan chilometri. Mi dirigo verso una porta aperta da sotto teloni di lavori in corso ma con una cupoletta in alto che fa pensare a una possibile chiesa.
Mamma, no… è la sede di un comando dei Carabinieri. Comunque il fatto di essermi avvicinata mi fa accorgere di un’altra chiesa sulla destra, a cui in tanti vanno entrando. Sarà lei?
Yes. E van tutti al fondo. Vietato fare foto, anche qui altra ressa stavolta un gruppo americano con guida.
Tutto subito vedo il quadro dell’Assunzione centrale, per cui faccio un giro in tutta la chiesa , poi però ritorno lì, e i Caravaggi sono ai lati, ma che differenza!!
Una Madonna al centro con questi due a fianco… mi pare quasi una discrepanza.

La contemplazione è resa difficoltosa dalla presenza del gruppo, la cappella è stretta, devo per forza aspettare che se ne vadano per poter entrare io, e quando ci riesco, paff, si spegne la luce. Meno male che almeno c’è internet, e puoi contemplarli con calma senza timore che qualcuno ti spinga.
Sono dipinti a misura media, non giganteschi. A Udine c’è il San Francesco in estasi, un quadro abbastanza piccolo che mi lasciò così così. Agli Uffizi c’è la Gorgone. E ricordo l’Experience alla Reggia di Venaria, che fu tutta un’esperienza di nome e di fatto.
Quello di Caravaggio si direbbe senza dubbio
uno stile che evidenzia la Fede nei fatti, sono scene di vita reale
come reale è il Vangelo che ci presenta un Cristo a cui guardare direttamente, senza intermediazioni.
Caravaggio riesce magistralmente a far risaltare quello che è davvero importante capire.
Non era lo spirituale che aborrisce il corporeo, non cercava la perfezione ma neppure dipingeva scene di popolare religiosità. Un’opera sua la si riconosce per il risultato straordinariamente autentico. Al confronto, la Madonna del centro di prima non è che consuetudine.

Due affermazioni di Mark su Roma in generale mi sembrano
attribuibili a Caravaggio: 1. è la storia che “conta” 2.Vangelo non equivale a ideologia
che Mark aveva capito soprattutto attraverso un volontariato svolto dalle suore di San Gregorio con i bisognosi.
Imponente palazzo, Via Poma, antichità…
oggi ho vissuto un pizzico di caravaggismo, guardando in faccia realtà bellissime e brutali
Inevitabili a Roma i riferimenti alla cristianità, anche se Gesù non è nato qui, e la chiesa cattolica non è l’unica confessione cristiana.
La cristianità che l’arte comunica è di contenuto. E quando la si trova in una chiesa, va a legarsi a un messaggio sempreverde. Poi si può anche non credere ai fatti che racconta, ma davvero pensiamo che Dio non ne sarebbe capace?
Il fatto che Mark sia passato per un seminario credo abbia dato al suo racconto su Roma un’impronta diversa da quella che sarebbe scaturita dalla mente di un artista o di un ingegnere, proprio perché intrisa di conoscenza delle Sacre Scritture.
E dunque molto in simbiosi con Caravaggio, la cui vita, pur non priva di tumulti, non fu mai un film in bianco e nero.
itinerario CARAVAGGIO A ROMA
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