Oltre Verbania, lasciandosi alle spalle il Lago Maggiore, la ferrovia corre lungo un susseguirsi di montagne e guglie altissime fino ad entrare in una spianata, dove vive Domodossola.
Si presenta cittadina come tante, ma dopo un certo numero di passi ecco comparire forme e colori di facciate come se invece che città fosse uno di quei borghi tipici delle zone di prima cintura di una città.

Una piazza a trapezio è il punto in cui si incontra il mercato.
E tanti altri particolari architettonici: davanti ad una parete rossa, dopo un secondo ci si accorge del tal balconcino, per poi proseguire e scoprirne altri in legno, e ancora cornici in marmo locale, qui mi fermo pensando che a Bardonecchia ci sono le cave di marmo verde… persino una curiosa casa a tre piani con una dépendance più piccola al suo fianco, casa-mamma e casetta-figlia.
Dettagli che non solo si ammirano, questo è scontato, ma fanno venire subito alla mente il grande valore del lavoro artigianale.
Da lontano, sdraiata sulla sua valle, la riconosci ai piedi d’incontro fra due montagne gemelle, una di fianco all’altra come in parallelo.
Ho provato anch’io ad arrivare sul colle seguendo la via del patrimonio Unesco locale, il Sacro Monte del Calvario, calvario per me purtroppo anche di fatto, molto in salita, un po’ troppo caldo, con la molestia di un gruppetto di cani bulli, abbaiatori furiosi dietro una rete che non sono sicura fosse completamente sigillata.
Non li ho guardati né loro si sono avvicinati. Sarebbe stato un problema. Vista la valle, sono tornata indietro.

Piemonte per me ha sempre significato nient’altro che Torino e qualche Alpe innevata che spunta quando si fanno da parte i palazzi.
Invece il Piemonte è una regione fra le più belle, con un patrimonio adornato di nobili residenze e profumo di boschi.
E così succede che di andar per montagne ti fai l’idea di un’escursione, e poi quando ci sei dentro non vorresti andartene più.
Io vorrei, per esempio, prendere la linea Domo-Locarno, che ti porta dalla punta del Piemonte alla punta del Lago Maggiore lungo una cinquantina di chilometri di sola natura. Un’esperienza unica, come unici sono (ci scommetto) tutti quei paesaggi uno accanto all’altro.
È la linea ferroviaria locale, che gli abitanti vollero a completamento della gloria delle loro valli, il traforo del Sempione. Opera di grande rilievo, frutto di una forza lavoro esperta e determinata, il traforo fu realizzato nel giro di pochi anni, e poi considerato la più lunga galleria del mondo (20 km) per tanti decenni. Domodossola ne ha raccolto la storia in un museo, con tanto di ricostruzione di tunnel.
Marzo 2020, l’Italia è costretta su una sedia, non ce lo dimenticheremo; speriamo di tornare presto a vivere, anche se alcuni ci avranno lasciato, e tutto quello che pensavamo prima sarà cambiato.
Di Domodossola lascio questo poco, mentre il pensiero ritorna libero a quelle montagne, quel giorno in cui mi volli spingere fino al capolinea, curiosa di andare a vedere quella che credevo una margherita, trovando invece una piccola rosa.
A cui si lega il ricordo di una splendida canzone…
Se ami la montagna invece del mare, o, meglio ancora, tutti e due ma oggi preferisci la prima
Una cittadina che sa essere movimentata e silenziosa, e soprattutto un’ottima base per lanciarsi a scoprire le valli circostanti e il territorio. Magari con il trenino locale che si tuffa nella natura...
Da Domodossola in musica: Alberto Fortis.