La mia storia con Lecco inizia con una mattinata storta.
Prima una ginnastica di saliscendi in stazione (la passerella-ponte di Firenze Campo di Marte dà, sì, accesso diretto ai binari, ma non al mio).
Poi scopro che le obliteratrici sono tutte spente (!). Rapida verifica che l’aggeggio verde NON è installato nei sotterranei, e corro trafelata all’ingresso principale.
Risolta la convalida, a 5 minuti dalla partenza del treno, una signora mi fa aspettare l’ascensore.
La trottata termina con l’arrivo felice a Bologna. Cambio il Pop per il Rock di Trenitalia, tutti puntuali da far “arrossire” le Frecce. A parte la porta girevole del bagno scassata di uno dei due che non si chiudeva a chiave, tutto va alla grande…
Alle porte di Milano ricevo un SMS di un amico che non vedo da tempo, e mi fa piacere che mi abbia fatto una scampanellata. Superata infine Monza, ultimo tunnel poi eccomi finalmente a Lecco!!
Ho un colpo di fulmine con quelle due montagne che aprono sul lago… Come in uno dei disegni del mio libro dei Promessi Sposi.
Del resto non poteva essere differente, giacché è proprio sull’onda manzoniana che sono voluta venire qui.
Stavolta sono sistemata in una bella camera tutta mia, perché a Lecco non ho trovato ostello, e dopo l’esperienza di Parma, inauguro l’adozione di un cambio importante, riassumibile così: d’ora in poi viaggerò all’insegna della vita che continua.
Voglio dire che, pur spostandomi, continuerò a vivere come fossi a casa, seguendo i miei ritmi. Lavoro, esco, vado a fare la spesa, cucino, e la sera un buon film.
La Grandi Cime Guest House dove sono ospitata me ne dà l’occasione, e quindi la raccomando volentieri, perché si sta benissimo, tutto pulito, spazioso e funzionale.
Prima della spesa, approfitto della luce per esplorare un po’ i dintorni, sempre con gli occhi fissi su quei muri di roccia con luci sulle cime (forse per gli aerei?).
Condomini eleganti. E nessuna traccia di bidoni dei rifiuti… i sacchi passano a raccoglierli, e devono essere trasparenti, per verificare che cosa viene buttato. Hai capito…? Sono severi qui con la raccolta differenziata.
A un certo punto spunta la cima di un campanile. Lo seguo fino ad arrivare alla chiesa a cui appartiene.
Ci credereste che è la chiesa di Don Abbondio, dove alla fine della storia i due protagonisti finalmente si sposeranno?
Il giorno dopo mi organizzo per l’esplorazione della città: un giro in centro (dalla stazione son 5 minuti), poi lungolago fino a Pescarenico.
Peccato solo per la foschia, speriamo s’affacci il sole. Siamo ai primi di marzo, e la mia finestra è a fianco di una bella pianta di mimosa nel pieno della fioritura, quel giallo vivo spezza il grigiume.
Sono nella terra dei Promessi Sposi, la vicenda di due giovani costretti a fuggire per le prepotenze del signorotto locale, ambientata nel ‘600 sotto la dominazione spagnola, secolo in cui la parola degli umili valeva niente.
Mi pare che questo viaggio si collochi in tema con i tempi che stiamo vivendo. E aggiungo che se qualcuno crede ancora che i classici siano solo materia per programmi scolastici sta oramai fresco.
In quelle pagine c’è un’analisi dei personaggi e una fotografia capillare di situazioni che sarebbe proprio il caso di ripassare.
Non si parla di mal di vivere né di confusioni esistenziali, ma si racconta una storia di coraggio e fiducia in Dio.
Noi che la libertà ci siamo accomodati a darla per scontata, facciamo fatica a tenere a mente che è un bene ereditato dalle generazioni di neanche tanto tempo fa, che ci hanno lasciato il dovere di difendere.
Come riuscirci però se non ci si coltiva prima dentro?
C’è da dire che una volta in centro il programma rimarrà teoria; occhi e cuore mi porteranno a soffermarmi sui dettagli, il passo rallenterà, mi fermerò milioni di volte per scattare altrettante foto, e Pescarenico verrà spostata all’ultimo giorno.
Ma l’importante è non perdere nulla delle cose davvero importanti.
La prima è il bellissimo monumento ad Alessandro Manzoni, che lo ritrae seduto e pensoso, con tre scene del romanzo. Guardandolo di fronte, sembra sul trono del momento più bello del suo capolavoro, il matrimonio, quando ormai tutti i guai sono passati.
Come ogni città, anche Lecco ha il suo Teatro, chiamato della Società: ispirato alla Scala di Milano, si dice che l’acustica sia eccezionale.
Altri punti storici d’interesse sono la Torre Viscontea, con porte e catenacci dell’epoca, e la Basilica di S. Nicolò, ma a me non è piaciuta.
Per chi ama il trekking ci sono le vie del viandante, e camminare come pellegrini e mercanti di una volta è un tipo di esperienza che mi attrae sempre più.
E poi c’è lui. Il LUNGOLAGO.
Qui, la camminata è cominciata con il Monumento ai Caduti della grande guerra, con una donna che simboleggia la patria, ritta e proiettata verso l’alto, e alla base una scultura della fasi della vita del soldato (l’addio ai propri cari, la battaglia, ecc…), a cui poi furono aggiunti i nomi dei lecchesi periti nella seconda.
Non so come spiegare che mi sento parte della stessa storia. È la mia terra, la mia gente, anche se non lo ho mai conosciuti. Ho trovato persino due lapidi a fianco di portoni, a ricordo di caduti 1 o 2 giorni DOPO la Liberazione, spezza il cuore…
Cerco di restituire qualcosa, non la vita purtroppo, ma almeno il valore della riconoscenza e della responsabilità.
Non sottovaluto mai una targa commemorativa, ormai è diventato un punto fermo.
Ma non dev’essere per forza questione di guerra. Può essere un ricordo felice dell’esistenza di qualcuno che è stato grande nella sua missione di vita sul posto.
Come Antonio Stoppani, considerato il padre della geologia e paleontologia italiane, oltre che patriota e libero pensatore.
A Palazzo delle Paure (chiamato così perché ex sede della Dogana) entro nell’ufficio di informazione turistica chiedendo una mappa.
Poi piazzo una domanda che porta tutte e tre le impiegate a sorridere:
“Ma voi qua dite lago di Como o lago di Lecco?”
Risposta pronta: “Lago di Como.”
“Ma come mai si dice di Como?”
A questa seconda domanda non san rispondere, si è sempre detto così; ma se io voglio dire “di Lecco” non si offendono (questo detto in tono simpatico).
Mi è venuto naturale di chiedere, perché credo sia impossibile non domandarselo dopo aver visto un lungolago che ribalta l’idea che mi ero fatta che Lecco dovesse essere una cittadina “minore”.
In effetti una prima differenza c’è sul piano visivo: Como è certamente più ricca.
C’è Villa Olmo, la piazza coll’hotel 4 stelle… Senza contare che da lì si prosegue per Lenno e Menaggio, con Villa d’Este e Villa Carlotta e tutte quelle straordinarie dimore che sognano gli sposi.
A Lecco invece è tutto del posto. I Promessi Sposi parlano di una storia di gente comune.
Lecco è così, una cittadina come tante. Moderna nel senso che nel 2022 ci sono mura e palazzi di cemento, laddove nel 1600 c’erano casupole sulla montagna.
Supero il ponte Kennedy per andare sull’altra sponda, ma strillano i piedi e devo sedermi.
Il lago è riposante, uno specchio d’acqua, non pochi canoisti solitari (e sfido io, con la calma che c’è…), e una coppietta di papere.
C’è un certo via vai costante che mi dà sicurezza.
A parte un palazzetto, il resto son tutti edifici bassi, e a metà strada verso le montagne s’intravede una zona verde, in un certo punto proprio da quelle parti sto a locanda io.
Nel frattempo s’è fatto tardo pomeriggio e si appropinqua il tramonto, così mi rialzo e mi dirigo verso il Ponte Azzoni, con l’idea di vedere Pescarenico prima dalla riva, poi entrare nel villaggio, e da lì incamminarmi verso casa.
Attraverso le strisce pedonali all’imbocco del ponte Kennedy (gentili i lecchesi al volante che si fermano sempre per farmi passare, s’ha da dire), e… addio lago.
Sono sull’Adda. E non sono nemmeno più a Lecco, ma in una frazione.
L’ambiente è tutt’altro, me ne accorgo subito: Il lago ai canoisti, il fiume ai pescatori.
Non vedo però nessun altro ponte spuntare, solo un’autostrada. Forse non c’è, o forse è troppo lontano. Torno indietro.
Farei in tempo a andare a vedere la cappelletta dei morti di peste, inclusa fra i luoghi manzoniani e la migliore conservata della zona. Perché no?
Due minuti di tira e molla con me stessa (vado-non vado-è il caso?) mentre la vista lago sussurra “sìììì…” Vado.
Il via vai di prima però si dirada. Affretto il passo, ci vorrà un mezz’oretta… Di lì a poco calerà il sole, e con meno gente in giro voglio arrivare sul posto con la luce.
Faccio a botte con lo smartphone, ma ci sono certi angoli unici che come si fa a non volergli fare una foto?
Per arrivare alla cappelletta lascio il lago a vado su per una salita. Conserva al suo interno teschi e ossa. Ricorda le vittime della peste del 1600.
Quando mi rimetto sulla via del ritorno sono più calma. Ora sì che il sole può anche calare. Anzi, chissà che belle luci…
Intanto un po’ di foschia s’è diradata, e mi presenta l’incredibile spettacolo della cresta frastagliata del gigantesco Resegone, la Prealpe con 9 punte che Renzo rivede dopo la fuga (capitolo XI).
Il termine Resegone, nel dialetto locale, vuol dire sega. La foto è niente, la montagna mozzafiato!!
Torno col pensiero alle differenze con Como. Como è bella, ma Lecco è più poetica.
Di certo i turisti non mancheranno neanche qui, un contesto dove tutto è genuino, con uno scenario naturale unico.
La giornata finisce, mi rimetto sul ponte, stavolta voglio percorrere interamente la sponda delle ringhiere dipinte.
A Lecco ci sono tanti riferimenti a Promessi Sposi; uno di questi è un’originale ringhiera sulla parte del lungolago collegata al ponte Kennedy, che riporta i passi salienti della vicenda del romanzo, persino disegni.
Si riesce a leggere solo tenendo lo sguardo a sinistra in modo da escludere gli spazi vuoti.
Rientrata in foresteria, chi mi trovo ad aspettarmi proprio dietro la porta? La gatta degli altri ospiti! Con una certa curiosità per le mie cose e voglia di fare amicizia.
Gatti ne trovo ovunque, e un giorno avrò collezionato talmente tanti aneddoti da scriverci un post a parte. Gli animali lo meritano. Loro sì che sono sempre attenti a tutto.
Sto troppo bene che quasi quasi a Monza non ci vado… L’avevo inclusa nell’itinerario ma era solo una scelta mia, senza presa di impegni con nessuno.
Bella serata tranquilla, e domani sarà il gran giorno di Villa Manzoni.
Lungolago di Lecco batte Como, non sembra anche a voi?
Mi son persa a tentare di catturare la carica sensazionale di quelle coste, ma nella foga mi sono accorta che non stavo guardando la realtà, solo l’immagine della stessa filtrata dallo smartphone.
Consiglio: prima di fare foto, aspettate… guardatele con gli occhi quelle montagne, sono enormi, e sono lì proprio davanti a voi, fanno un effetto che nessuna macchina potrà mai replicare…
Quindi se volete, sposatevi a Como poi
e includete belle gite all’Orrido di Bellano e a Varenna.